“Il COVID-19 ha rimarcato l’importanza della supply chain”
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Yossi Sheffi, Responsabile del MIT Center for Transportation and Logistics
Informazioni sull’esperto Il Dr. Yossi Sheffi è un professore di Ingegneria dei sistemi all’Institute of Technology (MIT) del Massachusetts, dove ricopre il ruolo di Responsabile del MIT Center for Transportation and Logistics. L’esperto in ottimizzazione dei sistemi, analisi dei rischi e gestione della supply chain, oggetto di ricerche nella MIT. Inoltre, è autore di numerose pubblicazioni scientifiche e di libri sulla gestione della supply chain, resilienza e strategie logistiche. Il Dr. Sheffi ha vinto numero premi, tra essi il Distinguished Service Award del Council of Logistics Management, così come il Premio Salzberg, per l’eccezionale leadership e l’innovazione nella gestione della supply chain.
Mecalux ha intervistato Yossi Sheffi, Responsabile del MIT Center for Transportation and Logistics, per analizzare come il COVID-19 stia trasformando le aziende e le supply chain.
Quali sono i punti chiave del suo ultimo libro The new (ab)normal: reshaping business and supply chain strategy beyond COVID-19?
Il COVID-19 ci ha insegnato molto riguardo la supply chain. Ad esempio, che tutti i mezzi di comunicazione generalisti (inclusi i principali mezzi di Stati Uniti ed Europa) disconoscono il funzionamento delle supply chain. I quotidiani tendono a rappresentare lo scenario peggiore.
In che senso?
Durante la pandemia, molti mezzi di comunicazione affermano che le supply chain abbiamo fallito, ma non è così. Infatti, in settori come quello alimentare, è stato l’apice per la supply chain. Quando il COVID-19 ha portato alla chiusura di ristoranti, università e industrie, le aziende si sono adattate con velocità ai cambiamenti repentini delle normative e alle nuove abitudini dei consumatori.
La gente si è preoccupata troppo della potenziale mancanza di stock ed è stato un errore perché, in generale, la supply chain ha continuato a funzionare. Anche i Dirigenti, i Responsabili e gli operatori della supply chain sono stati gli eroi della pandemia.
Il COVID-19 ha accelerato l’implementazione di nuove tecnologie nella supply chain e una della aree caratterizzate da maggior sviluppo è stata la robotica nei magazzini.
Nel suo libro cita il fatto che per il 2022 il mercato mondiale dei robot di magazzino quadruplicherà. In che modo il COVID-19 sta accelerando l’automazione nella supply chain e nei magazzini?
A gran velocità, senza dubbio. Il COVID-19 ha accelerato l’implementazione di nuove tecnologie nella supply chain e una delle aree caratterizzate da maggior sviluppo è stata la robotica nei magazzini. Questo è dovuto a due ragioni: in primo luogo, i robot non si contagiano, non hanno bisogno di vaccinarsi, non devono mettere la mascherina e lavorano 24 ore su 24. In secondo luogo, negli Stati Uniti non ci sono abbastanza lavoratori per coprire i posti vacanti disponibili. La mancanza di mano d’opera ha favorito l’automazione e, in particolare, ha incentivato la robotica nei magazzini. Un vantaggio fondamentale dell’automazione e della robotica è che, se si verifica un errore, l’algoritmo si corregge affinché non accada più.
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In che modo le aziende possono giocare di anticipo e gestire le interruzioni?
Innanzitutto devono essere pronte ad affrontare qualsiasi tipo di scenario. La maggior parte delle aziende pensano che bisogna prepararsi per le situazioni più comuni. In realtà, però, gli eventi imprevedibili, come il COVID-19 o le catastrofi nucleari di Fukushima, sono più pericolosi perché hanno un maggior impatto. Chi si poteva immaginare che in Giappone, il Paese più preparato ad affrontare terremoti, non è prevedere questa tragedia? È sempre più facile pianificare eventi già successi in passato in quanto le decisioni vengono prese sulla base di esperienza passate. In caso si avvenimenti mai successi, l’unica opzione è ricorrere alla resilienza.
Cosa implica la resilienza?
La resilienza è un concetto ereditato dalla scienza dei materiali che si riferisce alla capacità di un materiale di tornare alla sua forma originale dopo essersi deformato. Applicata alla supply chain, la resilienza riflette la capacità di un’azienda di tornare al giusto livello di servizio, produzione e distribuzione a seguito di un evento che ne ha causato l’interruzione. Per prepararsi alla resilienza, le aziende possono studiare un organigramma della supply chain che gli permetta di conoscere chi partecipa ad ogni ciclo operativo. Inoltre, le società devono anche prevedere come comportarsi nel caso in cui non sia possibile consegnare tutti i prodotti e, quindi, sapere a che clienti dar priorità. Un altro aspetto chiave è centralizzare le informazioni nel processo decisionale per garantire migliori risultati.
Ciò che non uccide, rende più forti.
Le crisi sono un’opportunità per identificare i migliori clienti o i dipendenti e fornitori su cui porre più fiducia. Inoltre, è un buon momento per fare cambiamenti nell’aziende se, ad esempio, ci sono aree, processi, fornitori o clienti che non sono stati all’altezza della situazione. Le crisi sono un’opportunità per capire chi si impegnerà con te a lungo temine.
Che opportunità ci lascia il COVID-19 con riferimento alla supply chain?
Uno degli aspetti positivi del COVID-19 è che ha messo in evidenza il ruolo della supply chain. Quando la gente chiedeva a mia moglie cosa faceva suo marito nel MIT, lei diceva la lavorava nella supply chain e loro non sapevano cosa fosse. Ora tutto il modo conosce l’importanza della supply chain. Il suo ruolo si è consolidato nelle aziende e sempre più studenti si interessano a questo settore. Ne è prova il fatto che le richieste per i nostri programmi di MIT stanno aumentando esponenzialmente. La supply chain è un ottimo sbocco professionale perché controlla tutti gli anelli dell’azienda, dai fornitori, fino al trasporto passando per la produzione, la distribuzione e i resi.
In passato, la supply chain era un lavoro più maschile, associato a camion e magazzini. Con l’avvento della tecnologia, la professione è diventata più sofisticata ed è aumentato il numero di donne che ci lavorano. Nel nostro master di logistica del MIT, quest’anno i nostri studenti sono il 50% uomini e il 50% donne. È fantastico vedere la quantità di talenti che si trovano nella supply chain, qualcosa di inimmaginabile 20 anni fa. Le donne possono solo migliorare questa professione.
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Cos’altro possiamo imparare dal COVID-19?
La pandemia ha accelerato anche l’utilizzo di nuove tecnologie. Prima del COVID-19, a un’azienda ci volevano mesi o anni per comprare un software. Durante la pandemia, molte aziende hanno acquistato tecnologie nel giro di alcune settimane. A volte, acquistavano addirittura senza leggere le clausole. Questo ha portato alcune aziende ad avere comitati che studiano modi per velocizzare l’adozione di tecnologie così come è stato fatto durante la pandemia, ma con tutte le garanzie legali.
Quali altre grandi sfide devono affrontare le aziende nelle proprie supply chain?
Durante il COVID-19, purtroppo, ci sono state barriere commerciali e restrizioni nell’esportazione dei vaccini. Quando le materie prime cominceranno a scarseggiare, l’aumento della domanda obbligherà certi Paesi a limitare le esportazioni. Questa è una cattiva notizia, soprattutto per il mercato dei chip in quanto il consumo di questa tecnologia sta aumentando esponenzialmente. La mancanza di chip è un grave problema in quanto ci vogliono anni per costruire uno stabilimento di produzione ed è un processo rischioso. Una volta ho parlato con il Direttore Generale di una delle più grandi aziende di produzione di chip e, trattando il tema dei rischi del suo business, mi ha detto: “Ora ti spiego cosa significa il rischio. Periodicamente decidiamo di scavare un grande buco nel suolo per costruire una fabbrica di chip e gettiamo quattro miliardi di dollari con la speranza che, nel giro di alcuni anni, l’investimento produca dei risultati. Quando prendiamo questa decisione non sappiamo se la scienza ci aiuterà in questo processo, ma siamo quasi obbligati a puntare su di esso nel presente.” Questo sì che è un rischio!
Un’altra sfida relazionata con la gestione della supply chain riguarda l’applicazione di nuove tecnologie, dato che è necessario dedicare del tempo ad analizzare dove si possono e dove non si possono inserire tecnologie come le blockchain e l’IoT. Uno degli errori che di solito le aziende commettono è acquisire una tecnologia senza sapere quali potenziali problemi dovranno risolvere.
Acquistando nuove tecnologie, perché ci sono società più restie al rischio rispetto ad altre?
Ci sono aziende nelle quali la sperimentazione fa parte del loro DNA, mentre altre sono più riluttanti nell’assumersi rischi. A titolo di esempio, faremo un confronto dell’azienda X e dell’azienda Y. L’azienda X è una società di successo e che sperimenta molto. Quando sviluppa un nuovo prodotto o software, lo produce direttamente senza attendere e incorpora i feedback degli utenti a posteriori. I suggerimenti di miglioramento vengono approvati e implementati rapidamente. L’azienda Y, invece, non produce nulla senza realizzare prima molte prove che garantiscano la qualità del prodotto. Dieci o quindici anni fa, l’azienda Y si è assunta le stesse responsabilità dell’azienda X e cercò di imitare le sue strategie, ma il suo successo fu limitato. È molto difficile cambiare la cultura delle aziende
Come sarebbe il mondo senza la supply chain?
Senza la supply chain, il commercio non esisterebbe. La supply chain è fondamentale per il commercio perché garantisce le consegne, comprendendo l’acquisto e la distribuzione dei prodotti. Questo processo esisteva già negli antichi mercati babilonesi. Senza la supply chain torneremmo a fare affidamento solo su noi stessi: dovremmo tornare a caccia o a costruirci casa senza prendere in prestito niente da nessuno. Torneremmo all’Età della Pietra. La supply chain permette a tutto il mondo di funzionare, è la mano invisibile che muove l’economia. Sia ai compratori sia ai venditori vengono offerti degli incentivi per far in modo che funzioni. Se la relazione tra compratore e venditore si rompe, il venditore cercherà altri compratori e viceversa. La supply chain non ha bisogno di una mano che muove i fili affinché ogni attore abbia gli incentivi per risolvere i problemi in base alle proprie possibilità. Ciò che è interessante in questo processo è che la supply chain non ha bisogno di un cervello in quanto il sistema stesso lo è.
Crediti fotografici: Yossi Sheffi - PopTech - Reykjavik Islandia per Árni Torfason per PopTech su concessione di CC BY 2.0